Ha trascorso la sua vita incatenato, a fare da servo ad un circo. La storia del povero Mufasa, morto solo dopo pochi mesi che aveva finalmente conquistato la sua libertà

In molte parti del mondo la presenza di animali selvatici nei circhi è vietata, una di queste è il Perù. Ma come per ogni legge, c’è sempre qualcuno che fa finta che non esiste e che continua a vivere infrangendola. Tantissimi proprietari dei circhi hanno continuato a tenere prigionieri gli animali e a viaggiare e guadagnare con loro. Certo una cosa è sicura, se loro lucrano con gli animali la colpa è dell’uomo. Danno spettacolo e noi lo andiamo a vedere! Ci portiamo i nostri figli e alimentiamo la vita del circo, che non morirà mai. Oggi siamo qui a raccontarvi di Mufasa, un leone che ha trascorso la sua vita a viaggiare incatenato a bordo di un camion.

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Ma il circo che teneva Mufasa prigioniero, non sapeva dell’esistenza dell’Animal Defenders International (ADI), un’associazione animalista che non appena è stata approvata la legge, ha dedicato la sua vita a rintracciare, uno per uno, tutti gli animali tenuti prigionieri dai circhi. Grazie alla loro determinazione sono riusciti a salvarli tutti e Mufasa è stato l’ultimo di una lunga lista. Non appena il circo è stato rintracciato, il povero leone è stato liberato dalle catene grazie all’aiuto della polizia antisommossa.

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Mufasa è stato poi portato nel suo habitat naturale, la foresta peruviana.

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Ma purtroppo non era in grado di sopravvivere, era stato così tanto rinchiuso e costretto a vivere in quelle condizioni, che non era più in grado di badare a se stesso. La foresta l’avrebbe ucciso, così l’ADI gli ha costruito un involucro personalizzato all’interno di un santuario nei pressi della foresta.

Lo scopo adesso era quello di curarlo e di rimetterlo in forza, per procedere poi a reinserirlo in natura quando si sarebbe sentito pronto.

Nel 2015 Mufasa è stato liberato ma dopo pochi mesi è scomparso per sempre. La vita di Mufasa in quel circo, perennemente incatenato, aveva provocato danni irreparabili alla sua salute. Ad aggravare ciò, sono state poi la sua avanzata età e un’insufficienza renale.

Mufasa ha goduto della sua libertà per pochi mesi ma i volontari hanno fatto tutto il possibile. Gli hanno comunque regalato la possibilità di conoscere la natura e il suo habitat, la possibilità di sapere cosa vuol dire non doversi esibire a comando per un gruppo di cretini e la possibilità di non morire incatenato e triste. Non era più un servo e anche se solo per pochi mesi, è stato felice.

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Rip in pace, per il mondo sarai sempre un RE!

Vi lasciamo al video del salavataggio:

Condividete quello che questa associazione ha fatto per lui e per tutti gli animali tenuti prigionieri nei circhi peruviani. Facciamoci sentire, NO AL CIRCO!

Fonte: shareably.net

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