Otto volontari salvano decine di cani da un accumulatore seriale di animali, mentre le autorità ignorano tutto
Non è raro che uomini e donne adulti decidano di circondarsi di molti animali domestici. Quante volte avete sentito qualcuno dire che da grande avrebbe vissuto da solo in casa, circondato da gatti? Ovviamente la compagnia dei nostri amici a quattro zampe ha, tra le altre conseguenze, anche quella di offrire un efficace antidoto alla solitudine. Ma quando la necessità di circondarsi della compagnia di animali domestici sfocia in un vero e proprio accumulo la situazione cambia, e si entra nei confini della patologia.
Coloro che soffrono di questo disturbo sono affetti dalla “Sindrome di Noè”, fenomeno che somiglia a quello degli accumulatori seriali… Con la differenza, non così trascurabile, che l’accumulatore in questione non raccoglie oggetti, ma animali. È il caso di un uomo che a Santiago de Compostela, in Galizia (Spagna), ha accolto in un capannone privato ben 78 cani. Il signore ha prelevato dalla strada gli animali per ben quindici anni: sicuramente un atto generoso, se non fosse che i cani si sono ritrovati a vivere in condizioni allarmanti. Va da sé, infatti, che con un numero così alto di esemplari nessuna persona sia in grado di garantire le cure e l’attenzione necessarie a ciascuno di loro.
Così, dopo aver ricevuto moltissime segnalazioni, otto volontari si sono messi al lavoro per garantire ai 78 cani condizioni di vita migliori. Dopo aver bussato a tutte le porte possibili e visto che “nessuno si era adoperato”, gli otto soccorritori hanno contattato tutte le associazioni e i canili della Galizia. L’importante, infatti, era garantire la distribuzione dei cani a coloro che erano in grado di occuparsene in maniera opportuna.
“Erano tutti molto sporchi, coperti di umidità, e alcuni avevano scabbia, morsi, funghi o erano ricoperti di escrementi”, ha detto Tere Lema, una dei volontari. La donna ha poi aggiunto che “il proprietario spendeva 400 euro al mese di mangime, ma di più non poteva fare”. La volontaria, infatti, insiste sul fatto che la sua intenzione non è quella di mettere alla gogna l’uomo affetto dalla Sindrome di Noè. Piuttosto, gli otto soccorritori vogliono segnalare come “chi sapeva cosa stava succedendo non ha mai fatto nulla”.